I motori degli aeromobili con il loro funzionamento producono emissioni gassose: monossido di carbonio (CO), anidride carbonica (CO2), ossidi di azoto (NOx), ossidi di zolfo (SOx), idrocarburi incombusti (HC), vapore acqueo e altri fumi derivanti dalla combustione.

Tali emissioni possono avere effetti negativi sia a livello globale sul clima che, a livello locale, sulla qualità dell’aria con particolare riguardo alle aree limitrofe agli aeroporti.

 

Le emissioni di CO2 e i cambiamenti climatici

L’impatto ambientale prodotto dall’aviazione, ad alta quota, è principalmente quello legato alla produzione di anidride carbonica (biossido di carbonio – CO2).

L’anidride carbonica fa parte dei cosiddetti gas serra (GHG greenhouse gases) che sono normalmente presenti nell’atmosfera terrestre e che contribuiscono al cosiddetto “effetto serra”, un fenomeno naturale che gioca un ruolo centrale negli equilibri di regolazione della temperatura sulla superficie terrestre.

Nello specifico, quando i raggi solari raggiungono la Terra, circa il 22% della potenza incidente viene riflessa nello spazio dalle nuvole, dai gas e dagli aerosol presenti nell’atmosfera, mentre circa il 9% dai ghiacciai, dalle superfici innevate e dai deserti. La restante quota viene assorbita dall’atmosfera (ca. 20%) e dalla superficie terrestre (ca.49%), che per equilibrare il bilancio energetico, riemette energia sotto forma di raggi infrarossi.

Non tutta la radiazione riflessa riesce però ad attraversare l’atmosfera perché una parte viene assorbita dai gas ad effetto serra che, a loro volta, riemettono radiazioni infrarosse in tutte le direzioni e dunque anche verso la superficie terrestre, riscaldandola ulteriormente ed innescando la ripetizione del processo.

In sintesi, l’effetto serra consente al pianeta di intrappolare parte dell’energia termica proveniente dal sole determinando una temperatura media di circa 15°C; è stato calcolato che, in assenza di gas ad effetto serra, sulla terra si registrerebbe una temperatura media di -18°C, che renderebbe impossibile abitare il pianeta.

Tale equilibrio risente della quantità di gas ad effetto serra presente nell’atmosfera terrestre, pertanto un aumento della loro concentrazione produce una maggiore capacità di trattenere il calore riemesso dalla superficie terrestre e dunque un innalzamento della temperatura.

In questa ottica occorre considerare che all’effetto serra naturale si va ad aggiungere un effetto serra di origine antropica, ovvero determinato dalle attività umane (principalmente per l’uso di combustibili fossili, ed anche a causa della deforestazione e delle colture agricole intensive).

Di fatto negli anni, rispetto all’era preindustriale, è stato costantemente osservato un aumento della temperatura media globale (i primi dati di riferimento disponibili, sulla base dei quali è possibile fare tale tipo di comparazione, risalgono al 1850), che negli ultimi decenni ha assunto un andamento esponenziale. La Comunità scientifica Internazionale ritiene che con elevata probabilità tale aumento sia stato causato dalle attività dell’Uomo durante l’ultimo secolo e che un ulteriore aumento, sopra i 2°C, possa effettivamente avere un consistente impatto negativo sul clima a livello globale con conseguenze solo parzialmente prevedibili.

Ciò ha portato molti Paesi del mondo ad aderire alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change – UNFCCC) e successivamente siglare il Protocollo di Kyoto, un accordo in cui gli Stati si impegnano a limitare e ridurre le emissioni di CO2.

Allo scopo di studiare il riscaldamento globale, è stato inoltre istituito l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC – Comitato intergovernativo sul mutamento climatico), il quale è un Comitato scientifico, formato nel 1988 da due organismi delle Nazioni Unite: la World Meteorological Organization (WMO) e l’United Nations Environment Programme (UNEP).

I rapporti di valutazione annualmente diffusi dall’IPCC forniscono un indispensabile supporto scientifico alle attività previsionali di molte organizzazioni che si occupano di clima e contribuiscono alla diffusione di una maggiore conoscenza dei fenomeni climatici e del loro impatto sull’ambiente e sul sistema socio-economico.

È possibile reperire dati aggiornati relativi al monitoraggio delle temperature ed al cambiamento climatico sul portale informativo “Copernicus Climate Change Service”, servizio fornito dal programma dell’UE di osservazione Copernicus. Copernicus Climate Change Service

Le emissioni di anidride carbonica prodotte dal trasporto aereo rappresentano meno del 3% delle emissioni globali di CO2 prodotte dalle attività umane. Per ridurre tale percentuale, ancorché contenuta, tenendo conto della forte ripresa dei volumi di traffico aereo nel periodo post-pandemico e delle possibili proiezioni previste dagli scenari elaborati per gli anni a venire, il settore dell’Aviazione civile ha assunto una serie di impegni specifici nella prospettiva di raggiungere entro il 2050 l’ambizioso traguardo di Net Zero di CO2, sforzandosi di coniugare la sostenibilità ambientale con la sostenibilità economica e sociale.

 

Le emissioni non CO2

Gli OSSIDI DI AZOTO, indicati collettivamente con la formula generica NOx, sono agenti inquinanti atmosferici che si formano soprattutto nei processi di combustione connessi ai trasporti, alle attività industriali, alla produzione di energia e calore. Tra di essi quelli responsabili in misura maggiore dell’inquinamento atmosferico sono monossido di azoto (NO), il biossido di azoto (NO2) e il protossido di azoto (N2O), che rientra tra i gas ad effetto serra considerati nel Protocollo di Kyoto.

Gli OSSIDI DI ZOLFO, indicati collettivamente con la formula generica SOx, sono inquinanti atmosferici che si formano principalmente quando si bruciano combustibili fossili, a seguito dell’ossidazione dello zolfo in essi contenuto. I due principali ossidi di zolfo sono il biossido di zolfo (o anidride solforosa) con formula SO2 ed il triossido di zolfo (o anidride solforica) con formula SO3. In particolare l’anidride solforosa a contatto con il vapore acqueo subisce un’ulteriore ossidazione andando a formare acido solforico (H2SO4) che contribuisce alla deposizione acida.

Il PARTICOLATO (Particulate Matter), è costituito da minuscole particelle solide il cui diametro aerodinamico può variare entro un range compreso tra pochi nanometri e 100 micron. Il particolato si distingue inoltre in primario, che si origina come prodotto di combustione (perlopiù di origine antropica) oppure da fenomeni naturali, e secondario, ovvero quello che si forma attraverso processi chimico-fisici che avvengono in atmosfera e coinvolgono i gas emessi nei processi di combustione.

Occorre considerare che tali particelle, prima di sedimentare al suolo, permangono in sospensione nell’aria per un tempo variabile in relazione alla loro dimensione, in funzione della quale varia anche la loro pericolosità per la salute umana.

Oltre che sulla salute umana il particolato ha un impatto anche sull’ambiente. Può infatti contribuire all’acidificazione del terreno e delle acque, ostacolare la fotosintesi nelle piante, provocare una diminuzione della visibilità atmosferica e favorire la formazione di nebbie e nuvole. Inoltre, i fenomeni corrosivi innescati dalla deposizione acida possono determinare danni al patrimonio architettonico ed artistico, a materiali e a tessuti.

Il particolato è l’inquinante considerato di maggiore impatto nelle aree urbane, essenzialmente prodotto dal traffico automobilistico. Nel caso del traffico aereo invece, i motori aeronautici sviluppano valori di temperatura alti con elevata efficienza della combustione. Questo significa bassa produzione della quantità complessiva dei materiali incombusti e quindi di particolato.

In ogni caso, la determinazione dei contributi percentuali delle varie fonti è un’operazione di estrema complessità. Tuttavia si può ragionevolmente sostenere che, grazie allo sviluppo delle sofisticate tecnologie aeronautiche nonché dei controlli esercitati dalle autorità delle aviazioni civili, il contributo percentuale del particolato dovuto al settore aviazione è poco significativo.

Il MONOSSIDO DI CARBONIO (CO) è un inquinante che si forma per combustione incompleta dei combustibili fossili e più in generale dalla combustione di una qualunque sostanza organica in difetto di ossigeno. È un gas incolore ed inodore, tossico per l’uomo.
La concentrazione di CO nell’aria atmosferica è dovuta principalmente al traffico automobilistico, in particolare urbano. Nel caso del trasporto aereo assume tuttavia rilevanza in ambito aeroportuale a causa delle emissioni dovute sia al traffico aereo ed alle operazioni di terra ad esso connesse che al traffico dei mezzi di superficie in entrata ed uscita.

Gli IDROCARBURI INCOMBUSTI (HC), analogamente al monossido di carbonio, si formano principalmente per combustione incompleta di combustibili fossili e, relativamente alle operazioni aeronautiche, la registrazione dei massimi picchi si riscontra nella fase di discesa. Alcuni idrocarburi incombusti sono inerti, ma altri concorrono alla formazione di particolato secondario e di ozono.

Per maggiori informazioni sulle emissioni prodotte dai motori aeronautici nelle fasi del ciclo “Landing and Take-Off” (LTO), cioè per i regimi di funzionamento “idle”, “approach”, “climb out” e “take-off”, è possibile fare riferimento all’ICAO Aircraft Engine Emissions Databank. Questo contiene i risultati dei test effettuati al banco secondo le procedure del Volume II dell’Annesso 16 ICAO e, ove indicato, certificati secondo le normative nazionali dei Paesi di produzione.

L’EASA ospita tale banca dati sul proprio sito per conto dell’ICAO, il materiale è disponibile per il download al seguente link: EASA – Aircraft Engine Emissions Databank ICAO 

 

Le aree circostanti l’aeroporto

Per quanto riguarda la qualità dell’aria nelle aree circostanti gli aeroporti, in Italia, i livelli di inquinamento atmosferico vengono monitorati dalle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA), le quali tengono sotto osservazione la qualità dell’aria verificando che i livelli di inquinamento si mantengano entro i limiti di legge.